0,400. Molto più mi ricorre di dire del primo duca Giovanni Galeazzo che figurò grandemente dal 1385 al 1402 nella scena politica d’Italia; avvegnacchè peggiorato egli abbia tutta la moneta sì grande che piccola indistintamente, e tanta quantità ne abbia coniato che tutti li gabinetti ne sono ingombri; la migliore non giunge che a 0,630 scadente, vale a dire, di 1/3 delle precedenti. Sotto Giovanni Maria e Filippo Maria suoi figli e successori si accrebbe il disordine e lo dimostrano da sé soli, senza ricorrere agli assaggi di zecca, li ripetuti e sempre vani editti di questi due principi contro l’alzamento ognor crescente del fiorino d’oro non mai mutato in peso ed in bontà. Dichiariamo però di non aver voluto ommettere questi assaggi, sia per togliere fin da questo momento gli scrupoli ai meno addottrinati, sia per arrecare pieno sviluppo, secondo abbiamo promesso nel proemio del capo presente, alle nostre idee, quando sarà tempo. Nel governo del secondo Sforza volgendo il 1474 in cui compariscono, come vedremo, li famosi testoni in ottimo argento alla lance approssimativa antica repubblicana del 200, ai quali d’appresso in giusta e legale corrispondenza vanno congiunti li pezzi minori, la scienza rinacque e trionfò pienamente degli abusi sofferti in Insubria per più di mezzo secolo con vantaggio in un del principe e della nazione. Le buone monete acquistano di prezzo, le cattive lo perdono. La verità di questa proposizione è stata dimostrata anticamente dal più volte nominato chiarissimo economista italiano Montanari, e da tutti gli altri scrittori, che vennero dopo, si nostri che d’oltromente. La bontà precisa di dette monete majuscole è a den. 11.13 corrispondenti a 0,962 decimali per ciò che asserir posso, e siccome emerge da pubblici documenti dis-