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annotazioni numismatiche genovesi | 457 |
Il genovino d’oro corrispondente, conservando sempre lo stesso tipo, non presenta che le varianti di lettere o segni di zecca, più alcuni simboli allusivi alla preponderanza dei partiti, come il leoncino per il governo del re Roberto, 1318-1333, e l’aquiletta per il seguente governo ghibellino. Il grosso invece ha due varianti ben distinte: la prima, edita dal Promis al N. 4 Tav. I1, è quella che porta 8 trifogli agli angoli di 8 segmenti di circolo, adoperata pure nei grossi dei dogi I, IV, V, VII, VIII, X, di Antoniotto Adorno governatore, e del Doge XIX; l’altra è quella del Gandolfi2 che ha soli 6 segmenti e senza trifogli, usata poi dal Doge XVII, da F. M. Visconti, dal Doge XXI, e con qualche variante dal Doge III. Quale sia stata tra queste due forme del grosso coll’ianva q . d . p . quella che ha preceduto l’altra, non è facile determinare. Tutt’al più, si potrebbe avvicinare per analogia quella dei trifogli ai grossi del primo Doge, avendo comuni con questi, i trifogli ed il conradvs rex, mentre quella senza trifogli, aggiunge il romanorvm come nei genovini con questa leggenda ed in quelli Dogali.
Altra moneta di questa serie che si conosce nei medaglieri è il grossetto da mezzo soldo, edito dal Promis al Num. 5 Tav. I. Ha il tipo del grosso senza trifogli, e l’Autore ne dà il peso in 1,65, giudicandone la bontà ad 800, ciò che farebbe un fine di gr. 1,32 che viene ad approssimarsi all’epoca del grosso. Lo scrivente ne ha un esemplare di egual peso, ma di titolo che sul paragone non supera i 600, con un fine perciò di 0,99 che corrisponderebbe circa alla lira genovese del 1335, e da assegnarsi per questo ad epoca