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i medaglisti del rinascimento alla corte di mantova 445

“ neciane, chel fosse bene fare moneta de valuta de tre marcelli, overo de doi, come più piacesse a V. S. ala gratia de la quale continuamente mi ricomando. Mantue, 12 martij 1497.”

“Eiusdem V. Gelsitudinis servitor Baldassar Suardus.”

(fuori) “Ill. Principi D. March. Francisco Gonzage Mantue”1.

Le mostre da monete accennate nella lettera erano i primi saggi che Gian Marco produceva nell’arte del coniatore; e sembra che soddisfacessero assai il marchese, perchè in documenti posteriori troviamo spesso accennato il Cavalli come lavorante alla zecca2.

Come quasi tutti gli artisti mantovani di quell’epoca Gian Marco ebbe a servire anche il vescovo Lodovico Gonzaga, prelato intelligente e di gusto fine, che ho avuto occasione di rammentare negli

  1. Arch. sudd. Carteggio interno. — Lettera già pubblicata dal conte Carlo d’Arco nelle Arti ed artefici di Mantova, tomo II, pag. 41, ma con parecchie inesattezze.

    Il Suardi accenna ad argenti portati da Ragusa; v’era infatti grande commercio d’argenterie fra questa città e lo stato dei Gonzaga e pare anche che là fosse in uso una foggia speciale di lavorazione, perchè nell’inventario di Gian Francesco Gonzaga del 1496, già citato precedentemente, trovo rammentati i seguenti oggetti:

    “Sei bacine grande (d’argento) dorate de dentro cum l’arma de Gonzaga ala ragusea.
    “Sei bronzini grandi (d’argento) dorati alla ragusea.
    “Quatro fiaschi grandi ragusei (d’argento).
    “Una cassa dove fu portati dentro li argenti de Ragusa.
    “Una altra casse ta dove se portò li argenti de Ragusa.”
  2. Dalla lettera del Suardi appare chiaramente che fino al 1497 non si erano ancora coniati nella zecca di Mantova i testoni o quarti d’argento, dei quali si conoscono diversi tipi spettanti al marchese Francesco. I bussolotti di cui si fa parola nel documento surriferito sono le conosciute monete che hanno nel diritto il busto del marchese col berretto in capo e nel rovescio il reliquiario col sangue di Cristo.