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426 | giuseppe gavazzi |
stessa corona, con o senza le punte negli intervalli fra i gigli.
Vedemmo già che né Bernabò, né Galeazzo Visconti (eccetto pel secondo il fiorino che gli contesto) usarono mai una simile corona, né conosco moneta non regia italiana anteriore o contemporanea a Giangalezzo che l’abbia, fuorché una sola di Amedeo VI di Savoia descritta da Domenico Promis nel supplemento del 1866 alle Monete inedite del Piemonte a pag. 36 e figurata nel supplemento stesso, Tav. I, N. 6.
Cito testualmente le parole di quell’insigne numismatico:
“La sesta delle monete citate nel supplemento (Tav. I, N. 6) è il bianco dozzino descritto nell’ordine di battitura di Amedeo VI delli 3 giugno 1349, pel quale doveva essere a denari 9 ed a pezzi 102 al marco, e che alla prima si riconosce per una contraffazione del doppio tornese di Carlo il bello re di Francia. Varia però questo pezzo da quanto fu prescritto nel 1349 per le leggende, che dal lato della croce gigliata evvi MONETA • AMEDEI; dall’altro poi nel quale evvi una corona aperta e gigliata, non scorgesi che una confusione di lettere, delle quali altro non si può distinguere che la parola DVX forse allusiva al titolo di duca del Chiablese che questo principe fu il primo ad usare.”
Le lettere intorno alla corona, che tolgo dalla tavola sono queste: TRO • IMB DV KB.
Questa confusione di lettere che il Promis rileva, e specialmente l’ultima lettera affatto immaginaria, non sarebbe fatta di proposito? Poiché se Amedeo credette utile contraffare moneta del re di Francia,