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314 | giovanni mulazzani |
grani d’argento invece dei 33,180, ch’era stato nella sua origine. La forza di questa moneta non avendo cessato di diminuire dal X secolo al principio del XIII in modo da essere ridotto ad 1/6 dell’entità sua antica, ne avvenne che le libere città d’Italia arricchite col commercio, e fatte quindi intelligenti di pubblica economia si trovarono in quel tomo di tempo abilitate a coniare i soldi che fino allora erano stati moneta di conto cioè immaginaria. Questi soldi non potevano non comparire, chiaro si rende, agli occhi di quella generazione d’uomini, che come pezzi grossi e pesanti sia per il valore di 12 denari dacché le monete antecedenti di cinque secoli erano state di uno tutt’al più, sia per il peso, che le superava del doppio e maggiormente. Ed ecco il nome e la ragione di grosso applicato generalmente ai soldi da principio, ed in seguito procedendo ognora avanti il decadimento della moneta, e non cessando di aumentare le nostre ricchezze commerciali, ai doppi soldi, e via discorrendo ai tripli ed ai quintupli, tanto che si potè giungere al grossone, ossia grosso per eccellenza, coniato più tardi nel 1474 del valore d’una lira, col nome di testone dalla testa o ritratto del principe impressovi sopra, e contemporaneamente ai grossi da 10 soldi, e ad altre parti aliquote minori1.
In prova di quanto ho asserito di questa moneta io qui non posso riportare gl’innumerevoli documenti del medio evo, che vi si riferiscono. Mi limiterò ad accennare il primo ed ultimo, ch’io conosca, il concordato fatto nel 1254 da più città d’Italia per la coniatura di grossi uniformi pubblicato dal presidente Neri2 ed i capitoli d’appalto della nostra