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294 | francesco gnecchi |
R/ — PONTIF • MAX • TR • P • II • COS • P • P •
Roma seduta a sinistra con un’asta e una Vittoria, al suo fianco uno scudo. (Anno 223, d. C).
Ma, ammesso pure che ci siano questi piccoli bronzi di fabbrica siriaca o non romana, ciò nulla toglie alla ipotesi precedente, non impedisce che anche gli altri, di cui s’è finora discorso, si possano considerare come vere monete di bronzo di fabbrica romana.
Abbiamo anche al tempo di Gallieno un certo numero di monete battute in basso argento (che il buon argento non era più conosciuto a quei tempi), e in bronzo coi medesimi conii. Certo qui siamo nell’epoca della maggior confusione e della maggiore anarchia monetaria, ma non è supponibile che, per quanto abituato alle angherie e ruberie degli zecchieri, il buon popolo romano insieme a un pessimo argento si accontentasse di accettare per argento monete di puro bronzo. Conviene quindi ammettere che vi fossero monete d’argento e di bronzo apprestate coi medesimi conii, e per similitudine si può ammettere che tal fatto esistesse anche anteriormente; colla differenza, che, se al tempo di Gallieno le monete d’argento sono talora difficili a scernersi da quelle di bronzo, causa la estrema decadenza della lega, tanto che di solito nelle collezioni se ne fa una categoria sola e chi le classifica argento, chi invece bronzo, ai tempi che corrono da Antonino ad Alessandro le monete di bronzo sono distintissime da quelle d’argento e senza nessun pericolo di confusione.
E concluderò dunque che per sostenere le dette monete essere falsificazioni di denari d’argento, bisognerebbe provare due cose: Primo, come gli antichi conoscessero un mezzo d’argentatura simile a quella della