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commemorazione di bernardino biondelli | 245 |
pubblicando la descrizione di Una tomba gallo-italica a Sesto Calende sul Ticino.
Che se la predilezione del Biondelli e la operosità sua erano sopratutto rivolte ai monumenti delle età più remote, non per questo egli trascurava quelli che potevano illustrare qualche punto della storia dell’età di mezzo.
Ed anche di storia più recente si occupò il Biondelli quando pubblicò un Nuovo documento storico relativo alle condizioni politico-economiche della città di Milano al tempo della conquista del Ducato fatta dal re di Francia Lodovico XII (Archivio Storico Lombardo, V, 1878).
Per ciò che concerne la numismatica, già nell’elogio che egli fece del conte Carlo Ottavio Castiglioni quando, il 5 settembre 1855, venne solennemente inaugurata la statua che gli fu eretta nel palazzo di Brera, il Biondelli diede prova di molta dottrina parlando con rara competenza della illustrazione che il Castiglioni aveva fatto delle monete cufiche del Gabinetto milanese, competenza riconfermata presto dopo nella pubblicazione di alcune interessanti Lettere inedite sulle zecche d’Italia del chiaro numismatico Guido Antonio Zanetti (Milano, 1861) con erudite annotazioni esplicative. Ma il primo lavoro che mostrasse quanto ormai il Biondelli fosse addentro in questi studj è la sua bella Memoria sulle Monete auree dei Goti in Italia presentata a questo R. Istituto nella tornata del 13 dicembre 1860, come rapporto di una Commissione che era stata nominata per rispondere a un quesito proposto da un dotto straniero, l’illustre numismatico francese C. Robert.
“Per unanime consenso dei dotti era ormai ammesso il fatto che i re Ostrogoti coniarono in Italia monete auree colle effigie degli Imperatori romani (Anastasio, Giustino I, Giustiniano) ad imitazione delle monete bizantine, sia per convenzione stipulata fra Teodorico e Zenone, sia per agevolarne il corso in commercio presso le popolazioni ormai avvezze al tipo imperiale”. Ma in quali zecche fossero state battute codeste monete non si sapeva. Il numismatico Lenormant, pochi anni prima aveva manifestato e sostenuto l’opinione che certe sigle o lettere