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di alcune monete inedite e sconociute della zecca di scio 7

7. Grosso c. s. (gr. 3,300).

D: — Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • IANVE • Busto c. s., ma lo scettro è terminato da un giglio.

R: — Croce CONRAD • R • ROMANOR (nr in monogramma e l’o piccolo al disopra) C • CHII •

Castello c. s.

Arg. (Tav. I, N. 6).


Finora non si conoscevano che due monetine di Galeazzo Maria Sforza coniate a Scio. Una fu pubblicata dal Promis (La Zecca di Scio durante il dominio dei Genovesi. Torino, 1865; pag. 60 e Tav. III, n. 37); l’altro dallo Schlumberger (Numismatique de l’Orient latin. Parigi, 1878; pag. 427 e Tav. XV, n. 2). Il Lambros poi, riassumendo queste due monete nella sua recente opera sulla zecca di Scio (Μεσαιωνικα νομισματα των δυναστων της Χιου–Εν Αθηαις, 1886), non ne trovò alcun’altra da aggiungervi.

Questi sei grossi dello Sforza sono di tipo affatto sconosciuto, e presentano varii caratteri che è necessario rilevare. Anzitutto vi vediamo l’intero busto del duca, cosa affatto nuova nelle monete di questa zecca. La testa è coperta da un berretto presso a poco come quello che vediamo su di alcune monete d’oro e d’argento di Gio. Gal. Maria Sforza battute a Milano. Altra particolarità singolare si è lo scettro o bastone di comando che il duca tiene nella destra. Tale scettro è per lo più terminato da una pigna, e, in un esemplare, da un fiore somigliante ad un giglio. Le monete italiane di quell’epoca, che portano effigie di principi, non hanno mai tale emblema. Lo vediamo però un secolo più tardi in alcuni talleri e frazioni di tallero di alcuni principi di Correggio, di Desana, Firenze, Mantova, Messerano, Tassarolo, ecc., e più sovente sopra monete coniate pel