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i medaglisti del rinascimento alla corte di mantova 171

a che altri non avesse copia delle sue sculture, tornò a scrivere al vicario:

“Non è a satisfactione nostra quanto vi ha dicto don Alberto, et di novo replicateli che vi voglia dir la verità, cioè se l’ha improntato l’Apollo e la Nuda della bissa scudelara che sonno suso la rocha a Bozulo in lo studiolo de lo Antiquo, e chel sia certo che lo volerne saper e lo intenderemo ogni modo; e dicendone liberamente la verità, e dandone le forme, se le ha facto fondere, perdonaremoti, ma che non la dicendo, la intenderemo ogni modo e lo castigaremo e puniremo talmente che -se ne pentirà, quando possiamo mai poi intendere lo habii facto: e non manchareti de ogni minatie per intendere la verità, avisandone del tutto presto” 1.

Stavolta il cappellano, messo alle strette, confessò la colpa commessa e fu mandato a confine in Castelgoffredo, dove restò due mesi: il 29 gennaio del 1499 il vescovo scriveva al commissario di quel paese: a don Alberto direti che ritorni a nui, e nel marzo dello stesso anno lo raccomandava caldamente al suo segretario Gabriele Bossi, detto il Poetino, dimostrando così di averne completamente dimenticato la scappata2.

Intanto Pier Iacopo continuava a lavorare pel vescovo Lodovico, nella rocca di Bozzolo, dove aveva

  1. Arch. sudd. Cart sudd. — Lettera al vicario episcopale di Mantova Bozzolo da 29 novembre 1498.
  2. Il Vassalli aveva una causa a Mantova per una casa di coi era stato spogliato, e Lodovico ne scriveva così al Poetino:

    „Havendo noi grato et charo don Alberto nostro capellano.... desiderosi di adiutarlo, né mancarli di qaello favore e protectione debbo un buon patrone al suo benemerito servitore, etc“ — (Arch. sudd. Cart sudd.).