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neppure mettere in dubbio come sia più che utile, indispensabile, che il soldato apprenda questo esercizio quasi senza accorgersi, in modo, cioè, che non sospetti neppur lontanamente le difficoltà che lo circondano, cosa questa che solo si ottiene col confonderlo il meno possibile di teorie che lo preoccuperanno tanto maggiormente in quanto che si son volute elevare all’onore di scienza, con suddivisioni di tempi e movimenti, di tira e molla, tieni e spingi, pressochè matematici, da rispettare prima, durante e dopo il salto.

Mi guardi il Cielo dal voler disconoscere i meriti di chi con tenacia, studio e passione ha saputo dar corpo ed anima alle tante raffinatezze che circondano l’esercizio del salto, formulando teorie la cui bontà ed utilità nessuno vorrà discutere quando dettate in un trattato d’equitazione o di sport, ma pretendere che occupino un posto d’onore in un regolamento d’equitazione militare sarebbe come un voler pretendere che talune raffinate utilissime teorie contenute nei trattati di scherma occupassero il primo posto nel regolamento intorno agli esercizi colla sciabola.

Concludendo, il soldato deve andare all’ostacolo coll’intima convinzione di dover fare nulla più che un tempo di galoppo un poco più lungo od elevato dell’ordinario, quindi bando alle teorie, ma semplici avvertimenti e cenni sul modo di portarsi decìsamente, ma calmo, al salto e non maltrattare il cavallo.

Ma tralasciando le difficoltà che si incontrerebbero per far ben comprendere al soldato le non facili teorie sul salto, nonchè la preoccupazione che ne verrebbe di conseguenza, tutta a danno della decisione, io domando se all’infuori dell’utilità che, ripeto per la centesima volta è grandissima, indiscutibile come esercizio, ne abbia veramente tanto come applicazione pratica in campagna da ritenere che la Commissione dovesse impensierirsi su questo punto più di quanto ha dimostrato di essersi impensierita col dettare i brevi cenni che ha ritenuti sufficienti allo scopo.

Domando, cioè, per meglio spiegarmi, se dato il genere di ostacoli che si incontrano nelle nostre campagne che sono pur ritenute le più difficili per l’impiego a masse della cavalleria, sia proprio vero che l’andar bene in campagna dipenda unicamente ed in misura così capitale dall’andar bene al salto da ritenere che fosse assolutamente necessario rimpinzare il nuovo regolamento di teorie, in proposito, mentre da anni e senza alcun bisogno di teorie scentifiche assistiamo al confortante spettacolo di vedere reggimenti e brigate manovrare brillantemente a tutte le andature attraverso terreni difficilissimi e superare in piena