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II.

In risposta alle critiche del cap. Caprilli.

I lettori della Rivista avranno letto con molto interesse il bell’articolo che il collega Caprilli ha pubblicato nell’ultima dispensa sul nuovo regolamento d’equitazione.

La competenza che tutti riconosciamo al brillante ufficiale in tale argomento dà ai suoi apprezzamenti non poco valore, per cui mi sia concesso di dire a mia volta due parole, lieto se esse varranno a mantenere viva una serena discussione che sarà tanto più proficua di fronte alla provvisorietà del regolamento in parola.

Anche questa volta l’A, inforcato il suo irlandese, parte a galoppo di caccia e salta con disinvoltura ostacoli d’ognì specie battendo la campagna con molta perizia equitatoria: vediamo dunque di tenergli dietro, tanto più che stavolta, essendo la cadenza dell’andatura e la direzione assai meglio regolate, il compito sarà molto più facile.

E cominciamo dall’esordio. Esso è una breve orazione funebre per il povero regolamento che, per intenderci, chiameremo con l’A. vecchio, e che egli l’altra volta aveva coperto d’improperi; ora vedendolo a terra ferito a morte, gli tributa generosamente il dovuto rispetto e passa oltre.

Sarebbe invece interessante di riandare con la mente le impressioni suscitate dalla sua apparizione nel 1890 (l’edizione del ’96 non fu che una ripetizione riveduta e non del tutto corretta di quella del ’90), le lunghe e vivaci discussioni fra gli ufficiali dell’arma di fronte alla sanzione di principii nuovi e che tali erano veramente per la maggior parte. Poichè è da notare che mentre, come ben dice il Caprilli, l’attuale edizione trova il terreno preparato, anzi rappresenta quasi la sanzione di quanto si andava facendo, l’altra edizione che ripeteva la sua origine da quanto s’era fatto all’estero, rispondeva bensì ad un bisogno dell’arma, ma questo bisogno non era sentito che da pochi e, diciamolo francamente, questi pochi non erano i più giovani.

Perciò il regolamento che non poteva imporre di punto in bianco la rivoluzione di quanto si era fatto fino allora, dovette conservare del passato gran parte della forma per far digerire la sostanza, e assunse