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228 rivista di cavalleria

ficare, dell’essere ozioso il far montare le reclute su di un cavallo tenuto a la corda, e quanto altro, è messo lì con poco calore, più tosto per far mostra delle mende che pel bisogno di risarcirle. Ma quello che gli sta a cuore è, che si tenga sempre fisso l’occhio a questo intento: ridurre cavalieri e cavalli ad «andar bene in campagna.» E poichè disseminati per la campagna sono gli ostacoli, si insegni, sopra tutto, il modo di superarli. Il pernio su cui si aggira buona parte, la maggiore, della induzione è in quell’insistere su l’armonia tra le azioni della mano e la bocca del cavallo. Ed il semplicissimo regolamento che darebbe forma a la teoria esposta, sarebbe quello che, presa per base la equitazione di campagna praticata nel modo dal suo lavoro descritta, vi uniformasse pochi precetti per la preparazione nelle cavallerizze.

Poco e molto. Poco perchè non è l’andare bene in campagna il solo scopo che si propone la equitazione militare, quando a la parola campagna si dia il significato di cavalcare all’aperto pei campi. La equitazione militare non tende a ciò solo. In campagna è di bisogno l’andar bene, ma per potere con vantaggio misurarsi coll’avversario. Ed allora forse quel cedere, quel secondare, quel tenere le mani basse e ferme, le redini più tosto lunghe con appoggio leggerissimo, sarà l’inizio per cui poi si perviene a guidare il cavallo colla mano sinistra posta in alto, perchè all’arco anteriore della sella sovrasta il pastrano, tenere nella destra la lancia o la sciabola, far impeto sul nemico, o schermirsi da lui. Il troppo è nelle regole che si vogliono insegnare per il salto. Il regolamento suggerisce, dice il Caprilli, senza dire come le cose suggerite si debbano eseguire. Di tale accusa il regolamento scagiono, perchè quando non bastasse l’indicato alle pagine 118 e 122, è steso a pagina 232 un vero e magistrale trattato sul come adoperarsi nell’esercizio di superare ostacoli. Là il troppo non stroppia perchè la parte IV è serbata a quelli che dovendo insegnare devono «possedere cognizioni più estese.» Queste cognizioni ivi le attingono e complete; il maestro che le ha con tanta efficace chiarezza esposte è lo stesso Caprilli che, nell’arte di superare ostacoli, è quel valente a cui noi tutti facciamo plauso. Per la truppa però, non chiamata a superare ostacoli di dimensioni considerevoli, le norme del § 277 sono di eccesso; quelle di cui si disse prima più che sufficienti. Da chi ama di insegnare strettamente ciò che si pratica, basterebbe che, per la equitazione in campagna, fosse detto: all’aperto, al galoppo, affrontando ostacoli, il cavaliere non muterà nè la sua posizione, nè la tensione delle redini. Così, qual’è, unito al cavallo, ac-