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assuefatti a quel genere di ostacoli. D’altronde le staccionate erano, è vero, più numerose di adesso, essendovi maggior numero di bestiame, ma erano anche assai più basse; grossa staccionata era allora soltanto quella che tracciava il confine tra le diverse proprietà, e difficilmente s’incontrava quella di un metro e venti, quasi generale oggi.

In seguito a qualche disgrazia, principale delle quali fu la morte del signor Bossi, caduto nel saltare un fosso, il governo pontificio proibì le caccie, ascoltando, si dice, le istanze della principessa Odescalchi; ma per le pratiche assidue del duca Grazioli, il divieto veniva tolto due anni dopo e la società si ricostituiva su basi più solide. Aiutata largamente da S. M. il Re, essa continuò sempre dopo il 1870, e ne furono master, dal '70 in poi, Giulio Silvestrelli, Ladislao Odescalchi, Giulio Grazioli, il compianto Agostino Chigi e, presentemente, il marchese di Roccagiovine, il primo fa i nostri gentlemen riders.

Fu nell'anno 1871 e 1872, che il Principe Umberto seguì con assiduità le cacce, acquistandovi quella solidità e scioltezza di movimenti e quella confidenza all’ostacolo che non si ottenevano facilmente con i metodi prevalenti nelle scuole militari di allora.

Per desiderio del Principe Umberto, il pittore Blaas, nolo per gli studi fatti sui cavalli, dipinse un quadro rappresentante i migliori cavalieri di quell’epoca, alla testa dei quali è il principe, mentre, dietro ai cani, traversano una strada saltando la maceria e la staccionata che la racchiudono.

Vi si notano il marchese Carlo Origo, Augusto Silvestrelli, D. Mario e D. Giulio Grazioli, il marchese Luigi Calabrini, D. Ladislao Odescalchi.

Il quadro conservasi in una anticamera del palazzo reale di Monza.

In quell’epoca pure un vero rivolgimento avveniva nella produzione equina dell’agro romano, con utilità o danno, non potrebbe ancor dirsi.

Certo è che le grandi razze, esistenti allora, dei Cesarini, Silvestrelli, Tittoni, Chigi, non tardarono a scomparire. La prima traeva origine da stallone arabo, l’ultima da padre andaluso, le due di mezzo da padri tedeschi, i quali, accrescendone la mole e arrotondandone le forme, ne avevano ad un tempo infiacchita la fibra. I figli dell’andaluso avevano invece conservato, nella razza Chigi, l’antico brio e la facoltà di sollevare le estremità anteriori in modo così singolare, da richiamare al loro passaggio la generale attenzione; però quel modo, diremo cosi, di inciambellare le gambe, nuoceva alla forza di resistenza e alla velocità dei movimenti, non soltanto al galoppo, ma anche al trotto. Tuttavia questi cavalli venivano ammirati ed acquistati a caro prezzo.