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64 | rivista di cavalleria |
Dall’altra parte, i chimici non hanno avuto miglior fortuna: e se noi andiamo debitori ai loro brillanti studi della conoscenza d’innumerevoli trovati, che contribuiscono così largamente al moderno progresso, non però possiamo dichiarare che, quanto alle ricerche sull’alimentazione da essi tentate, la partita del nostro debito sia smisuratamente cresciuta.
Ben si apponeva il Grognier, osservando, circa sessant’anni fa, che gli alimenti, al pari dei medicinali, vanno apprezzati più dall’osservazione dei loro effetti sull’organismo che non dalle analisi che si ottengono mediante le storte e gli alambicchi1. E, molti anni dopo, il Sadun, scrivendo dell’igiene degli alimenti, così si esprimeva: «Di tutti i così detti elementi mediati o chimici che vogliansi chiamare, soltanto l’azoto ed il carbonio dettero indizio di prestarsi ai computi dello sperimentatore. Tutti gli altri, obbedienti all’alambicco ed al crogiuolo, sfuggono inesorabili al giudizio che vorrebbe ricondurli agli effetti delle organiche integrazioni»2.
Bisogna confessare però che, da circa un trentennio in qua, è stato dato un più efficace indirizzo a questo genere di studi, ed i risultati finora ottenuti sono tali che, se ci fanno pensare al molto cammino che ancora ci rimane da percorrere, ci rassicurano nondimeno di non trovarci fuori di carreggiata.
Oltrepasserei i limiti assegnati al mio modesto lavoro se volessi dilungarmi nel ricercare ed esporre i pregiudizi ed anche le dottrine cadute davanti alla severità delle ultime indagini. La ragione del mio assunto mi conduce a rilevare, invece, che tanto i vecchi quanto i nuovi ricercatori si trovano d’accordo nel determinare pel cavallo una razione alimentare, il cui quantitativo in proteina e idrati di carbonio è parecchio superiore a quello che viene somministrato al nostro quadrupede di truppa, il quale, perciò, è impossibilitato a produrre durevolmente tutta la somma di lavoro che dovrebbe.