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420 | rivista di cavalleria |
realmente avviene, e di quanto si passa nell’animo dei comandanti di squadrone.
Noi dunque non siamo per nulla a disagio di fronte ai nostri colleghi, i quali tutt’altro che indifferenti, come l’A. opina, ci hanno confermato buoni profeti sull’impressione che l’articolo avrebbe prodotto.
Il nostro egregio critico ha tutto il diritto di fare i suoi apprezzamenti, ma gli contestiamo quello di parlare in nome dei capitani, fra i quali per quanto ho sopracennato, egli rappresenterebbe una rarissima eccezione.
2. L’A. dice che noi avremmo dovuto cominciare col battere in breccia tutto l’elemento incapace di avere iniziativa ed autonomia, tutto l’elemento che alla prova dei fatti potrebbe smentire le nostre asserzioni, e non «subito e direttamente attaccare quelli che questa iniziativa e questa autonomia non vogliono concedere».
Qui ci occorre di fare una distinzione e un commento.
Quando noi parliamo di autonomia sottintendiamo sempre nel periodo di preparazione. È in questo periodo che i comandanti di squadrone sono impossibilitati ad attendere efficacemente al proprio lavoro. Quando si è in libera manovra, oh, allora a nessuno verrebbe in mente di negare la libertà d’azione: è soltanto allora anzi — ed è qui la bizzaria della cosa — è allora che si tira fuori la grande parola iniziativa e si citan magari i paragrafi di quel regolamento fin’allora negletto, per accollare responsabilità (per quanto di poca conseguenza) ai comandanti di squadrone, che non ebbero agio di preparare i loro reparti e di foggiarli in guisa da poterne rispondere.
Il commento è questo:
La tesi da noi sostenuta potrebbe restringersi in più modesti confini e ridursi alla seguente:
A parte altre modificazioni che proponevamo per il nostro Regolamento di servizio interno, e qualche contraddizione fra i suoi principii e talune disposizioni, sta però il fatto che esso vige e quindi, dato pure che sia permesso discuterlo sulle Riviste o nelle conferenze, gli si deve obbedienza. Le parole negare e concedere sono fuori di posto. Non può essere frutto di una concessione ciò che è un diritto sanzionato dal regolamento. Il negarlo non solo lederebbe le prerogative del grado di capitano, ma danneggerebbe il servizio, perchè nel momento del bisogno gli squadroni dovranno pure essere librati a sè stessi. E allora...?
3. Qui ci è forza dissentire ancor più dall’egregio contraddittore, imperocchè il suo articoletto è troppo improntato a pessimismo; e