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34 | rivista di cavalleria |
corrono in tutti i sensi per esplorare, riferire, combattere, inseguire e razziare. La cavalleria è da loro impiegata secondo i più giudiziosi criteri dell’arte militare moderna.
Iniziano il combattimento con una ricognizione, durante questo scompaiono, rompono linee telegrafiche, nella ritirata proteggono, nell’inseguimento molestano, incalzano, fanno fuoco.
Dei galla abbiamo visto masse fino a 30.000 uomini ad Amba Alagi e ad Adua far fuoco da cavallo, riconoscere ed inseguire.
Dei baggàra così scrivevasi allora dall’Africa:
Bisogna continuamente stare all'erta dalle sorprese, essendo essi arditissimi ed abili cavalieri, i più tenaci e fanatici apostoli del Mahadi.
Partono dall’Atbara, traversano una regione senz’acqua, giungono fino a Cassala e razziano. Non sempre però riescono; sorpresi dai nostri ascari in appiattamento, ritornano ad El-Fascer e ad Osobri tranquillamente senza bere e mangiare dopo aver percorso più di 130 chilometri.
Rompono le linee telegrafiche, uccidono tutte le persone che trovano isolate, rubano buoi, pecore e tutto ciò che loro si para per via.
Sono bei tipi! Occorrerebbe a noi uno squadrone di simile cavalleria.
Noi avevamo allora prima di Adua, in Africa, un solo squadrone, a Cheren, chiamato «squadrone eritreo». Contava 130 cavalli e 240 uomini, su tre plotoni comandati da tre ufficiali. I cavalli erano splendidi, indiani, provenienti da Bombay, acquistati colà dal comandante lo squadrone coadiuvato da ufficiali veterinari, coll’aspetto del cavallo arabo e più propriamente scioano, ma più alti di questo; di forme snelle con piccola testa, muso camuso, criniera e coda lunga. Quando hanno il cavaliere in sella, inarcano le reni e diventano bellissimi, elastici nei movimenti, velocissimi nella carica, materiale prezioso che bene istruito ed adoperato con savii criteri di una tattica nuova, subordinata al nemico che si deve combattere, può rendere utilissimi servizi alla Colonia.