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La Cavalleria in Africa



I.


È questo il soggetto di una conferenza da me tenuta nel febbraio del 1896, nella quale, prendendo ad esame ogni singolo combattimento delle nostre campagne d’Africa, volli dimostrare la necessità di quest’arma, attribuendo in gran parte alla sua assenza i nostri rovesci, ed alla sua cooperazione un gran merito per le riportate nostre vittorie.

Se le mie parole non furono prese in seria considerazione, furono però benignamente ascoltate; il mio amor proprio ne restò soddisfatto per la persuasione che lentamente vidi nascere in chi mi lesse e ascoltò, avanti all’evidenza dei fatti successi, ed al dilemma circa il terreno, risolto nel senso che come era percorso dai baggàra e dalle migliaia di galla, poteva percorrerlo qualche nostro squadrone, montato alla loro foggia, od a quella degli spahis francesi, degli egiziani, ed anche degli indoinglesi regolari, od irregolari di Deoli ed Erinpoura.

Nè si potè impugnare la verità, che in tutti i combattimenti nei quali prese parte la cavalleria, le truppe nostre ebbero il sopravvento, ed in quelli, nei quali essa non cooperò colle altre armi, ebbero invece la peggio.

La serie dei fatti d’armi, da me presi in esame, incominciava col combattimento di Agordat, e terminava coll’accerchiamento di Makallé, mentre il comandante in capo italiano concentrava il suo campo ad Adigrat, in attesa di rinforzi dalla madre patria.

In questo periodo, di cavalleria in Africa non si mandarono che pochi soldati, dai vari reggimenti..... a fare il servizio