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l’iniziativa e l’autonomia degli squadroni 141


Il vero decentramento del servizio, per squadrone, assicura a ogni unità la massima autonomia. L’iniziativa e la responsabilità del capitano restano intiere.

Gli è nettamente tracciato lo scopo, ma gli sono anche concessi i mezzi per raggiungerlo.

In Italia si è pur voluto sviluppare lo spirito d’iniziativa e il sentimento della responsabilità del capitano, al quale si è affidata la direzione dell’addestramento dei suoi uomini; ma per ciò che riguarda la cavalleria, si sono fatte tante eccezioni, che in verità non si può dire che egli disponga del suo personale. E per soprassello, ciò gli accade mentre egli si trova in condizioni molto inferiori a quelle in cui si trova il capitano in Germania, per quanto riguarda i mezzi materiali; i quali o gli mancano, o gli appartengono in una parte minima, in comunanza con altri comandanti di squadrone.

Al nostro capitano dì cavalleria per buona parte dell’anno sono tolti i migliori elementi, che se ne vanno con i loro cavalli a costituire riparti speciali. E come se ciò non bastasse, a ogni segnale di tromba del comando accentratore, graduati e specialisti d’ogni sorta sono chiamati ad istruirsi per reggimento, magari quando la loro presenza sarebbe più che mai necessaria allo squadrone.

Con tante sottrazioni, lo squadrone, che dovrebbe avere la forza di guerra, si reca alle esercitazioni con 70 o 75 cavalieri, male inquadrati, e costituisce uno strumento imperfetto sia nelle evoluzioni, sia nella tattica.

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All’ora del governo, nelle nostre caserme si verifica uno strano contrasto. Da un lato si vedono i riparti degli allievi sergenti, degli allievi caporali, della fanfara, dei volontarî d’un anno, riccamente dotati di quadri, e nei quali ogni allievo governa un solo cavallo nel modo che le buone regole dell’igiene prescrivono. Dall’altro squadroni spolpati, nei quali ogni uomo trascina tre cavalli all’abbeverata: è molto se gli riesce di togliere da dosso il fango a tutti, specie ai poledri non ancora ammansiti.

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