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L’iniziativa e l’autonomia degli squadroni
I.
L’iniziativa! Ecco una parola che quando fu ancor più esplicitamente consacrata nel nuovo Regolamento di istruzione e di servizio interno per la cavalleria di quel che già fosse nel nostro Regolamento di disciplina militare, fece sussultare il cuore degli ufficiali giovani della nostra arma. Ma agli slanci di contentezza intempestiva successe l’amarezza del disinganno; e, rimaste le cose allo stato di prima, invece di guadagnarci, il morale si depresse ancor più, per la ragione che mentre prima non era difficile rassegnarsi a principii gretti ma sanzionati dai regolamenti, dopo parve insopportabile soggiacere a uno stato di cose che, come vedremo subito, divenne in parte illogico ed in parte illegale.
Inoltre le difficoltà di compiere il proprio dovere crebbero a dismisura. Prima si attendevano ordini e non si aveva che la responsabilità di una meccanica esecuzione; l’orario ed il regolamento, l’uno più tassativo dell’altro, vigevano sovrani; la falsa riga era ben definita e tutto procedeva a suon di trombetta, con poca edificazione di certe doti essenzialissime nell’ufficiale di cavalleria, ma almeno senza scosse e senza contrasti; la prudente massima di legar l’asino dove vuole il padrone era la norma infallibile e tranquillante della vita militare. Dopo, a questa esistenza melensa ma almeno pacifica, a questo tanto celebrato tran-tran, successe e perdura una vita di attività sfibrante ma inutile, un incalzarsi di lotte infeconde coll’impossibile, una serie di attriti mascherati o latenti, uno stato di cose insomma tanto difficile e sì poco promettente per l’avvenire, che mi par non inutile segnalarlo in questa Rivista, sorta sotto gli auspicii d’un ufficiale generale, la cui parola ammonitrice si fece udire in tempo per evitarlo, ma purtroppo invano.