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analisi critiche e rassegne 397


coltà analitiche, sviscerando il caso di una sfera elettrizzata uniformemente, con distribuzione sia di volume che superficiale.

Prima ancora di queste ricerche di Sommerfeld, il sig. Abraham aveva avuto un’idea felice, che gli permise di semplificare enormemente la trattazione del problema, pur raggiungendo tutta la desiderabile approssimazione.

Abraham ha trovato, per dir così, un giusto mezzo fra il computo rigoroso dell’autocampo e l’arbitraria estensione del principio di reazione (dal caso elettrostatico, in cui vale rigorosamente, al caso generale).

Il criterio direttivo si può sintetizzare come segue:

La risultante Φ e così il momento risultante delle forze dell’autocampo si possono presentare (Poincarè)1 sotto forma di derivate esatte, rispetto al tempo, di due certi vettori Q e K (risultante e momento risultante delle così dette quantità di moto elettromagnetiche). Q e K dipendono a rigore, al pari delle forze elettromagnetiche, da stati di moto, che spettano a punti della carica, anche in istanti precedenti a quello generico, che si considera.

Ma non si commette un grave errore, valutando questi due vettori come se il movimento della carica fosse stazionario, colle caratteristiche, che gli competono nell’istante attuale. Ottenuti in tal modo Q e K, si lascia cadere l’ipotesi provvisoria della stazionarietà, e si deriva rispetto al tempo, riguardando variabili, come generalmente sono, le caratteristiche del moto rigido.

È ben naturale di chiamare quasi-stazionari quei movimenti, ai quali è applicabile codesto procedimento con approssimazione sufficiente. Abraham ne ha fissato i limiti in modo preciso. Noi non lo seguiremo nella sua analisi, accontentandoci di mettere in luce l’ingegnosità dell’artificio.

Trattare il movimento come stazionario (cioè trascurare l’accelerazione) in tutto il computo delle forze elettromagnetiche sarebbe press’a poco quanto trascurare addirittura l’autocampo. (Infatti, in ogni moto traslatorio uniforme, risultante e momento risultante delle forze dell’autocampo riescono rigorosamente nulli).

Col procedimento di Abraham, le forze vengono valutate tenendo conto, almeno parzialmente, anche dell’accelerazione.

Per i movimenti, che si possono riguardare quasi-stazionari, le equazioni (4) e (5) perdono il carattere funzionale, che le rende così poco maneggevoli.

Infatti anche i secondi membri vengono in tal caso a dipendere dal moto, soltanto pel tramite delle velocità e accelerazioni

  1. Cfr. per es. Électricitè et optique, Paris, Carrè et Naud, 1901, pag- 448-51; oppure Abraham, loco cit., pag. 23-36.