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le origini del celibato religioso 363


un’infedele, nè una divorziata, ed al gran sacerdote era anche vietato di sposare una vedova. Anzi anche nelle figlie del prete era severissimamente punita ogni infrazione alla castità, poichè si pensava che, se invereconde, profanassero il padre; e le figlie colpevoli erano condannate al rogo.

Così, ulteriormente sviluppata, l’idea che costituisce il substrato di tutte queste regole e di tutte queste pratiche condusse alla nozione che il celibato è meglio accetto a Dio che non il matrimonio e che esso è un vero e proprio dovere religioso per quei membri della comunità che hanno lo speciale ufficio di celebrare il culto. Per un popolo come l’ebreo la cui ambizione era di affermarsi e di crescere, il celibato non potè mai costituire un ideale; ma per i cristiani che professavano la più completa indifferenza per tutte le cose terrene, non vi fu alcuna difficoltà a glorificare uno stato che, quantunque opposto agli interessi della razza e del popolo, rendeva gli uomini tanto meritevoli di avvicinare il proprio Dio. E invero, lungi dall’essere stato un bene per il regno di Dio con la moltiplicazione dei fedeli, il rapporto sessuale era stato al contrario di detrimento ad esso, poichè era stato il grande trasmettitore del peccato dei nostri progenitori. Quest’argomento pertanto ha un’origine molto tarda. Pelagio stesso quasi rivaleggiò con Sant’Agostino nelle sue lodi della castità che egli considerava come la più grande testimonianza di quella forza di libera volontà che asseriva non essere stata che menomata dal peccato di Adamo. Il celibato religioso è dunque prescritto o comandato sia come un mezzo di automortificazione che si suppone abbia la virtù di placare un Dio irato, sia con l’intento di rialzare la natura spirituale dell’uomo combattendo uno dei più forti fra gli istinti. Così noi troviamo in varie religioni il celibato a lato di altre pratiche ascetiche professate con intendimenti analoghi. Fra i primi cristiani, le giovani che facevano voto di castità «non consideravano per nulla la verginità se questa non era accompagnata dalla mortificazione della carne, dal silenzio, dalla segregazione, dalla povertà, dal lavoro, dal digiuno, dalla veglia, e da continua preghiera. Non erano ritenute vergini quelle che non avessero rinunciato a qualsiasi distrazione terrena, anche la più innocente». Tertulliano cita la verginità, la vedovanza, o la continenza nel segreto del letto coniugale fra le offerte meglio accette a Dio al quale la carne