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destrezza, la vigoria, oltre le speciali attitudini richieste dalle varie professioni ed occupazioni. Tutto invero richiamava stranamente l’allevamento scientifico degli animali, poichè il Galton, per esempio, proponeva di lasciare fuori di questione la morale, come involvente troppe difficoltà senza via d’uscita. Queste erano le basi dello schema qualitativo che egli voleva assumere come punto di partenza per procedere al miglior allevamento scientifico della razza umana.

L’alto ingegno dell’autore e particolarmente la sua personalità come sostenitore dei principi darwiniani, diedero insolito interesse alla lettura, le cui notevoli linee fondamentali non possono essere passate sotto silenzio. L’esclusione, fin da principio, delle qualità morali è significante. Essa dà risalto nei termini più recisi alla grande confusione che si fa tra efficienza individuale ed efficienza sociale dell’individuo, due termini la cui differenza di valore è stata in ispecial modo rimarcata in questo articolo. Il Galton, è da notarsi, si è soltanto preoccupato di quelle qualità individuali che contribuiscono al successo del singolo individuo nella lotta per l’esistenza impegnata con i propri simili. Era infatti evidente che gli individui dotati di una elevatissima efficienza sociale, le grandi menti organiche della razza, — spesso affatto incomprese e inapprezzate dai propri contemporanei, — e le cui idee o concezioni morali od opere guidarono sovente la razza stessa da un’epoca sociale ad un’altra, dovessero essere proprio individui interamente incapaci spesse volte di raggiungere quel tipo normale di animale che il Galton aveva prestabilito.

Perfino nei pochi minori esempi di società di animali inferiori, il vero criticismo sociologico trova errato il modello dal Galton stabilito, fornito dall’«Eugenetica». Poichè quando, per esempio, gli insetti che vivono in società iniziarono la loro integrazione sociale, tutti i loro tipi normali erano individualistici. Se essi dunque avessero intesa l’Eugenetica nel senso qui descritto, avrebbero condannato fin dal principio, il formarsi della peculiare abitudine dell’ape regina per cui ora essa dedica tutta la propria vita unicamente alla deposizione delle uova; e tanto più avrebbero condannato le abitudini dei pecchioni per le quali essi degenerarono come individui; e in modo particolare poi avrebbero condannato le abitudini delle operaie, abitudini che le ridussero allo stato attuale, con corpo non sviluppato ed incompleti istinti. Eppure