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CHE COS’È LA COSCIENZA?


Nessuna parola, forse, è stata maggiormente discussa e permane tuttora di significato tanto oscuro quanto questa della coscienza. Mentre tutti sono in grado di affermare senza nessuna esitazione se un dato stato psichico, una data azione, sia da dirsi «cosciente» o «incosciente», quando poi si viene al dunque di domandare che cosa è, in che consiste, questa caratteristica di «cosciente» che si attribuisce all’uno stato psichico e si nega all’altro, si resta per lo più incapaci di dare alcuna risposta appena appena soddisfacente1.

Alcuni psicologhi arrivano a ritenere il problema come insolubile: «Quanto a definire lo stato di coscienza, il fatto di essere cosciente, scrive il Ribot, sarebbe un’impresa vana e oziosa: la coscienza è un dato dell’osservazione, un fatto ultimo. La fisiologia c’insegna che la sua produzione è sempre legata all’attività del sistema nervoso, particolarmente del cervello. Ma la reciproca non è vera; se ogni attività psichica implica un’attività nervosa, ogni attività nervosa non implica un’attività psichica. L’attività nervosa è molto più estesa dell’attività psichica: la coscienza è, dunque, qualche cosa di aggiunto in più. In altre parole, bisogna considerare che ogni stato di coscienza è un avvenimento complesso che suppone

  1. Cfr., p. es., Bain, The Emotions and the Will, Fourth edition, London, Longmans Green, 1899, Chap. XI, Consciousness, pag. 539-546.
    «Chiunque tenti in buona fede e con fermo proposito di farsi un’idea chiara di ciò che debbasi intendere per coscienza, troverà la cosa tutt’altro che così facile come si sarebbe disposti ad arguire dall’uso che così di frequente e con tanta disinvoltura facciamo di questa parola» (Maudsley, The Physiology of Mind, London, Macmillan, 1876, pag.-45).