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IL PITHECANTHROPUS ERECTUS
E L’ORIGINE DELLA SPECIE UMANA
La somiglianza fra l’organismo umano e quello degli antropoidi non si può comprendere che come l’espressione di una reale parentela. Parentela vuol dire comunità di origine certamente; ma quanto a precisare a che livello dell’albero genealogico si trovi l’origine comune, non si può che fare delle ipotesi. Possiamo pensare che da una forma scimmiesca primitiva, mentre si differenziano i diversi rami dei primati, si svolga contemporaneamente un prothomo, direbbe il prof. Morselli, forma dapprima indifferenziata, che in seguito si comincierà a differenziare in tre o quattro direzioni che condurranno poi alle principali branche attuali. Il Keane difatti ammette, teoricamente, un precursore al pliocene e parecchi al pleistocene; e anche noi crediamo che bisogna mettere molto indietro, il che vuol dire molto in basso, l’inizio del differenziamento umano, che realmente è tale da includere un lungo spazio di tempo. Ciò anche per ragioni anatomiche, perchè — a parte gli ossicini accessorî del cranio sui quali il Maggi faceva forse troppo assegnamento — , vi sono delle particolarità morfologiche, ad esempio il terzo trocantere, che si trovano nell’uomo e nelle scimmie inferiori, mentre mancano negli antropoidi. Infine altresì per tutte quelle divergenze morfologiche, ad es. il diverso sviluppo degli arti, che ci impediscono di credere che l’uomo sia un’evoluzione diretta degli antropoidi, i quali sono già troppo specializzati per loro conto e quindi non più adatti a dare origine a una nuova direzione, secondo la ben nota legge di Cope. È necessità dunque ammettere che siano esistiti prima dell’uomo degli esseri meno specializzati degli antropoidi, ma pure gerarchicamente allo stesso livello e anche più in alto.