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tica; tra soluzione e gas si scopre «una profonda analogia, anzi quasi una identità» ed il processo di soluzione diventa paragonabile ad una diffusione reciproca, ad un’intima mescolanza di due gas indifferenti. Questa nuova teoria, messa a fianco della teoria della dissociazione elettrolitica di Arrhenius, diede uno dei più efficaci e generali mezzi di ricerca, che mai si siano potuti escogitare. Se però la vecchia teoria chimica delle soluzioni fu portata all’estremo, ciò accadde ancor più per la teoria moderna delle soluzioni, che fece considerare il processo di soluzione come puramente fisico. Invero van’t Hoff aveva dedotto le sue leggi e le analogie specialmente in riguardo alle «soluzioni ideali», tanto diluite cioè, che le azioni reciproche delle molecole disciolte, il loro volume, ecc., si potevano trascurare. Nella applicazione pratica della teoria osmotica delle soluzioni si trattava invece, sopratutto, di soluzioni di una certa concentrazione; d’altra parte le ricerche ognora crescenti intorno a soluzioni non acquose condussero alla conoscenza di una molteplicità di fenomeni, assai maggiore di quanto non si fosse potuto sospettare da principio. Le leggi osmotiche valevoli, con tutto rigore, per le soluzioni ideali, infinitamente diluite, potevano infatti trascurare l’azione reciproca delle molecole disciolte, il loro volume e la reazione tra esse e le molecole del solvente; ma nelle soluzioni più concentrate entrano in gioco, in grado maggiore o minore a seconda della natura dei componenti la soluzione, tutti questi fattori. I pesi molecolari determinati per via osmotica, risultarono spesso più grandi che non si dovesse aspettarsi dalla composizione chimica del soluto; è giocoforza quindi ammettere una attrazione reciproca tra le molecole disciolte, vale a dire la formazione di molecole associate. Talora invece si trova un peso molecolare normale il quale però diminuisce, coll’aumentare della concentrazione, anzichè rimanere costante, o crescere (per una associazione di molecole). In questo caso spieghiamo il fenomeno come una addizione (combinazione) delle molecole del soluto con quelle del solvente. C’è poi una serie di fatti nel campo delle conducibilità elettrolitiche, che ci spinge ad ammettere che nelle diverse soluzioni gli ioni degli elettroliti siano associati alle molecole del solvente, formando eventualmente con esso dei «composti molecolari». In poche parole: si compie in modo sempre più evidente un ritorno alla teoria chimica; la teoria fisica delle soluzioni