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LA NATURA DEL PROCESSO DI SOLUZIONE
E LA FUNZIONE DEL MEZZO SOLVENTE
Il problema che riguarda il processo di soluzione e la ricerca del solvente, si è trascinato senza tregua attraverso i tempi, accompagnando la chimica in tutte le sue fasi evolutive. Il noto aforisma degli Alchimisti: «corpora non agunt nisi soluta» sta a dimostrare quanta importanza si annettesse da tempo al processo di soluzione. La teoria dell’Alkahest, quel «menstruum universale», che — secondo van Helmont — doveva disciogliere e mutare in liquido ogni corpo, ebbe origine appunto in quei tempi in cui la chimica tentava la trasformazione degli elementi gli uni negli altri e si affannava in vani tentativi di preparazione sintetica dell’oro. Venne Paracelso a proclamare còmpito solo e vero della Chimica la preparazione di medicamenti e sùbito l’Alkahest diventava la panacea universale; ma non basta; si giunse più in là, quando si volle a dirittura credere alla possibilità di produrre artificialmente, con l’aiuto dei processi di soluzione, l’«homunculus» e la pianticella. Quando poi alla chimica vennero attribuiti scopi ben diversi, allorchè verso la fine del XVII secolo Lémery disse che il còmpito di questa scienza era quello di indicare la via alla «separazione delle diverse sostanze che costituiscono una mescolanza», allora ecco presentarsi di nuovo, per questi processi della «Scheidekunst»1,
- ↑ «Scheidekunst» letteralmente vuol dire «Arte di separare»; questa denominazione, che comprese più tardi tutte le manipolazioni di chimica, fu data originariamente a quelle che servivano per la separazione e purificazione dei metalli. Tale nome rimase a lungo nei paesi germanici e si ritrova ancor oggi, per es. in Olanda, dove la chimica conserva il nome di «Scheikunde».
[N. d. t.].