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18 | rivista di scienza |
essi si vengano ordinando vuoi rispetto al tempo, vuoi rispetto ad altra variabile fisica. Ogni qualvolta i residui, ordinati p. es. rispetto al tempo, presentano un andamento regolare o quasiregolare, vi sarà ragione di credere che una causa variabile col tempo e della quale non si è tenuto conto, ha influito sul manifestarsi del fenomeno.
Si ha un buon numero di criterï matematici, per giudicare se, o no, un complesso di residui presenti i caratteri dell’accidentalità. Vi ha naturalmente nel giudizio molto di arbitrario, ma vi sono casi in cui l’evidenza della conclusione si impone. Senza entrare nei dettagli tecnici e nell’analisi dei criterî ora accennati, ci contenteremo di un esempio.
Le misurazioni di latitudine fatte a Carloforte in Sardegna nel periodo di tempo 1902-904 riunite in 36 medie presentano un modo di variazione abbastanza regolare, perchè si abbia ragione di sospettare che quell’elemento astronomico sia effettivamente variabile col tempo. Per dare una misura matematica del valore di questa presunzione, possiamo ragionare così. Se vi ha variazione col tempo, le differenze fra due medie consecutive saranno di pochissimo affetto da una cotale influenza e quindi l’indice di dispersione calcolato per mezzo delle differenze stesse poco o nulla risentirà di quella variazione, ma esprimerà abbastanza fedelmente la semplice azione degli errori accidentali. Orbene: calcolando in questo modo, si ottiene un indice di 0",044. D’altra parte fra la più grande e la più piccola delle 36 medie considerate si ha una differenza di 0",41. Quando si consideri quel complesso di 36 valori come accidentalmente oscillanti intorno ad un valor fisso, la probabilità della osservata differenza (0,41) è minore di un diecibilionesimo; il che è quanto dire che si può scommettere uno contro dieci mila milioni che le osservate oscillazioni nei valori della latitudine dipendono, almeno in parte, da una regolare variazione di questo elemento col tempo.
Pertanto la teorica degli errori, mentre ci insegna a trarre dal lavoro di osservazione i più sicuri risultati che è possibile e a giudicare del grado di fiducia che in questi si può riporre, compie pure un altro ufficio il quale quasi direi che col progredire degli studi sperimentali superi l’importanza degli altri due; quello di insegnare, in molti casi, che qualche cosa che si supponeva irreale, ossia dovuto soltanto a difetto dei nostri sensi e dei nostri mezzi d’osservazione, è invece reale qualità