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Non volendo ammettere nel vago e rispettivamente nel simtico ordini diversi di fibre, bisogna necessariamente ammettere due specie di gangli, di cui dicevo dianzi, e che gli eccitamenti nervei producono effetti antagonistici nelle cellule gangliari in conseguenza della natura diversa di queste, ossia dell’azione diversa che sugli eccitamenti nervei esse esercitano, mentre gli eccitamenti passano per i loro corpi, conforme alla natura diversa di questi medesimi. Sarebbe questo, infatti, uno degli esempi più dimostrativi di quanto il corpo d’una cellula gangliare intercalata sopra un conduttore nerveo possa influire sull’azione nervea che si svolge per l’arco del conduttore stesso. Ma non basta. Bisogna ancora ammettere che le stesse cellule gangliari, poniamo quelle che governano la funzione motoria delle cellule muscolari liscie, rispondano agli eccitamenti vagali in un modo (aumento della funzione motoria), e in modo antagonistico agli eccitamenti simpatici (diminuzione della funzione motoria).

Come si vede il problema è complesso; ma una metà di esso si riscontra in qualsiasi cuore, specie di vertebrato, che presenta le sole contrazioni sistoliche: la stimolazione del vago inibisce queste contrazioni, la stimolazione del simpatico produce l’effetto opposto, le aumenta. Anche qui, o gli eccitamenti nervei hanno per sè stessi qualche cosa di caratteristico, da rendere ragione degli effetti antagonisti, o le stesse cellule gangliari rispondono in modo antagonistico ad eccitamenti identici, ma che loro giungono per fibre nervose diverse. Chè se, per altro, come voleva Gaskell, l’azione delle fibre vagali e simpatiche si esercitasse direttamente sulle cellule muscolari del cuore, e non sulle cellule nervose dei gangli, come vogliono Carlson e i neurogenisti, la difficoltà sarebbe spostata di sede, ma non diminuita, perchè è altrettanto difficile intendere come mai una cellula muscolare risponda in due modi opposti a eccitamenti giungenti per fibre nervee diverse, se la ragione della differenza non sia già in queste ultime, voglio dire nella natura degli eccitamenti.

Ma la stessa difficoltà s’incontra nei centri nervosi spinali o cerebrali. Ecco un’azione riflessa: certi eccitamenti la attenuano o la inibiscono, altri la intensificano, la esaltano; e pure gli uni e gli altri agiscono (almeno, ciò si ammette dai fisiologi) sullo stesso centro spinale, sulle stesse cellule gangliari che costituiscono il detto centro. Come avviene ciò?

In conclusione, dopo le ricerche del Carlson, io non esito ad esprimere l’opinione che la teoria miogena della funzione cardiaca non è più sostenibile, fino a quando prove sperimentali della stessa forza di quelle dell’Autore americano non vengano addotte a sostegno di essa.

Napoli