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le misurazioni fisiche e la teoria degli errori 9

causa sconosciuta ha da ieri ad oggi alterato l’oggetto dello nostre misure, o finalmente che una ragione sistematica di errore si è, a nostra insaputa, insinuata nel nostro metodo di misura.

Questi che possiam dire risultati negativi dalla teoria che ci occupa hanno non piccola importanza: su di essi torneremo più innanzi. Qui intanto notiamo come dalla conoscenza dell’errore medio di un dato genere di misure fisiche posse dipendere il valore di taluni concetti teorici: quello fra gli altri, delle unità di misura di cui si fa uso.

È notissimo come la Commissione Francese nominata in base al voto dell’Assemblea Nazionale nel 1790 proponesse, e il Corpo Legislativo, in base ai risultati delle operazioni geodetiche Franco-Ispane, adottasse nel 1799 l’unità di misura lineare come quarantamilionesima parte del meridiano terrestre. Questa definizione supponeva che la superficie di livello terrestre potesse sensibilmente identificarsi con una superficie di rotazione, in modo che tutti i meridiani fossero di eguale lunghezza. Ora le determinazioni geodetiche e astronomiche eseguite nelle varie parti del globo hanno posto in evidenza come quella superficie si scosti in modo non trascurabile da una di rotazione, e la conoscenza degli errori medii delle misure ha dato la possibilità di affermare che quegli scostamenti sono reali, ossia non spiegabili cogli errori proprï delle misure medesime. La definizione naturale del metro data dalla Commissione Francese non è dunque più possibile al dì d’oggi.

Vale la pena di ricordare qui di passata come la ricordata definizione differisca da quella che era stata suggerita dal Ministro Talleyrand (che fu in realtà il promotore ufficiale della grande riforma metrica). Questi ispirandosi all’idea di Picard (1670), Lacondamine (1743) e d’altri, proponeva all’Assemblea Francese (marzo 1790) che l’unità di misura lineare dovesse essere la lunghezza del pendolo che batte il secondo di tempio medio in un dato luogo della Terra. La Commissione Francese giustamente temette le difficoltà che presenta la misura assoluta della durata di oscillazione di un pendolo; ma bisogna dire che la definizione proposta da Talleyrand gode forse di maggior solidità dell’altra che fu in suo luogo adottata, giacchè quella sussiste invariata finchè non varia la unità di misura del tempo (il secondo di tempo medio). È ben vero che la probabile variazione secolare della