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IV. Riassunto della discussione.


Concludendo, — non è dimostrato che la morte sia conseguenza necessaria della vita. I Protisti non mostrano di andar soggetti a tale necessità, e tra le piante stesse, anche di organizzazione elevata, ve ne sono di quelle per cui mancano di questa necessità le prove; in ogni modo la durata della vita è in esse così variabile e lunga, che si può riconoscere, molto più che negli animali, una tendenza al caso limite della durata eterna.

Abbiamo visto poi, che questa distribuzione della necessità di morire va d’accordo con quella di altri caratteri, differenziamento morfologico, diminuzione delle capacità assimilatrici, notevoli l’uno e l’altra specialmente nella direzione del regno animale.

Ci è sembrato soprattutto interessante a questo proposito, di poter riconoscere una diminuzione progressiva di potere assimilatore, come nella filogenesi, così anche nell’ontogenesi, dalla nascita fino alla morte dell’individuo; la morte ci appare dunque — essa che significa cessazione di ogni potere assimilatore — come la rottura brusca di un equilibrio in un sistema dinamico ove il potere assimilatore era in progressiva e continua diminuzione; la sua distribuzione come cosa necessaria nei varî regni della natura e la sua comparsa nell’individuo, ci appaiono il resultato di una stessa ragione intima.

L’invecchiamento assume così un aspetto diverso da quello che esso ha generalmente, nelle concezioni dei biologi e del volgo: non un cammino discendente che tien dietro alla ascesa della giovinezza; non un ritorno a certe forme ed attitudini, a partire dal momento della massima attività e forza, ma bensì la conseguenza delle stesse modificazioni che hanno cominciato a svolgersi fin dall’inizio della vita individuale e che, progredendo sempre nello stesso senso, presentano per alcune resultanti un massimo nel periodo medio della vita; queste modificazioni sono sopratutto connesse con un progressivo diminuire delle attitudini assimilatrici.

Bologna.