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Col progredire delle scienze biologiche è accaduto pel concetto di specie quello che suole accadere per tutti i nostri concetti, quando cerchiamo di determinarli con una certa precisione, sforzandoci di circoscriverli e fissarli in una definizione; che cioè il concetto, che noi credevamo di possedere chiaro e netto e semplice nella nostra mente, ci si è andato tanto più complicando e annebbiando, quanto più tentavamo di analizzarlo.
Le scienze hanno come scopo finale la determinazione di concetti, i cui germi si trovano belli e formati, per effetto della quotidiana e comune esperienza. Ma spesso il concetto scientifico finisce per essere molto diverso, talvolta addirittura opposto a quello volgare che gli è servito di punto di partenza; o, meglio: spesso a questo concetto iniziale, la indagine scientifica conduce a sostituirne un altro, che poi man mano, col diffondersi della coltura, quasi senza che ce ne accorgiamo, prende il posto del primo nel nostro patrimonio intellettuale.
Così accade che un dato concetto, dopo attraversato un processo di epurazione e di determinazione, si trasforma in maniera da non essere nè meno più riconoscibile nè intelligibile per coloro, la gran maggioranza cioè, che non hanno
- ↑ Questo primo articolo, e l’altro che seguirà col titolo La critica post-darwiniana, non hanno la pretesa di dare un’esposizione completa e documentata della storia dell’argomento, nè quella di essere saggi critici con vedute personali; essi si propongono soltanto di far conoscere per sommi capi ai lettori non naturalisti l’evoluzione subìta dal concetto di specie biologica e, soprattutto, lo stato di certi problemi e i metodi recentemente usati per tentarne la soluzione.