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sarle così, che ci riesca impossibile di distinguere, nella tesi, il vero dal falso.

Nè ciò può recar meraviglia. Quando noi enunciamo in termini vaghi un fatto che cada immediatamente sotto ai nostri sensi, non corriamo il rischio di dare al linguaggio incerto una interpretazione erronea, perché il confronto costante colla realtà rende impossibili gli equivoci. Ma può accadere che una conseguenza logica di quel fatto non sia assoggettabile in modo immediato all’esperienza. Chi ci suggerirà allora la interpretazione corretta? Chi ci salverà dall’errore? Non certo la logica, di cui non è questo l’ufficio. Nè la logica è responsabile invero dell’imbarazzo in cui ci troviamo. Essa fu adoperata dove non era lecito; perchè lagnarci se ci ha condotto all’assurdo?

Il male si è che la logica pura non può mai applicarsi alle verità forniteci direttamente dai sensi, ma solo a proposizione astratte, simboliche, che da quelle vengono dedotte mediante una depurazione preliminare. Ora, se questo lavoro di sublimazione riesce così agevole nella geometria, che lo compiamo quasi senza avvederci, esso costa una maggior fatica nelle scienze sperimentali, e diviene assai penoso ed incerto nelle scienze morali. Il matematico puro che, non badando a ciò, volesse applicare nelle dottrine economiche i procedimenti logici che gli son famigliari, sarebbe certo il peggiore dei dialettici.

Ricavare dall’osservazione e dall’esperienza una serie di concetti e di relazioni astratte, e trasformar queste mediante il ragionamento rigoroso, rappresenta l’ideale cui le varie scienze aspirano, ideale che solo la matematica (insieme alle sue immediate applicazioni) ha raggiunto sinora. Ma se questo ideale è così remoto per le dottrine che hanno attinenza alla vita, dovremo perciò rinunziare a studiarle? Eppure esse progrediscono di giorno in giorno per opera di numerosi cultori, dei quali soltanto alcuni sommi conciliano le attitudini logiche dei matematico colle facoltà di osservazione e di astrazione, che al matematico sono in gran parte risparmiate dai fondatori della scienza.

La spiegazione di questo apparente contrasto risulta chiara, purchè si esamini quali forme di ragionamento siano adoperate nella vita quotidiana. Si riconosce allora che il ragionamento formalmente perfetto non è nè l’unico, nè, molte