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la fisiologia dello sviluppo della forma organica | 281 |
Il più importante dato generale della dottrina dei mezzi reintegrativi è la conoscenza di un fatto che io ho proposto di chiamare la «equifinalità» delle reintegrazioni. Da lungo tempo è noto che sovente la vera rigenerazione di parti dell’organismo, procede per una via diversa di quella seguita dalla loro ontogenesi. A questo reperto fu aggiunto quest’altro più importante che dallo stesso punto di partenza atipico l’organismo, a seconda di circostanze accessorie, è capace di raggiungere, per vie diverse, la stessa forma finale: può per esempio rigenerare nel vero senso della parola, oppure comportarsi come un sistema armonico equipotenziale.
d) Tra i problemi della ricerca delle cause della restituzione per noi ha importanza solo questo: quale sia veramente lo stimolo che mette in azione la restituzione. Il dire solamente che l’alterazione sia la causa del rinnovamento della parte alterata, sarebbe conoscenza troppo facile ad acquistare. Secondo le più recenti indagini, si è giunti a stabilire questi due dati negativi: la lesione come tale non è certo lo stimolo determinante della reintegrazione, ed esso non sta neppure nella diminuita resistenza all’accrescimento. D’altro canto fu dimostrato che spesso la separazione di tessuti specifici vegetali e animali dai loro rapporti normali, può condurre alla «restituzione», anche senza che sia intervenuta una estirpazione totale. Questo reperto parla evidentemente per la trasmissione di qualche cosa onde la reintegrazione dipende, o, forse meglio, per la cessazione di qualche trasmissione, quale vero stimolo alla reintegrazione.
Ma qui ci troviamo su quel terreno della fisiologia della forma individuale che è, al presente, ancora il più oscuro. Forse è, al tempo stesso, quello che promette più larga messe, per l’avvenire. Noi crediamo che la soluzione dei problemi qui enunciati contribuirà un giorno a rafforzare notevolmente l’idea della autonomia della vita.
Heidelberg, 11 Febbraio 1907.