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208 | rivista di scienza |
temperatura e della pressione, ma davanti a una rete di possibilità, a ogni nodo della quale bisogna ammettere un postulato nuovo per decidere lungo qual direzione si trovi la maggiore probabilità. Un tale procedimento non è scientifico; il solo fatto dell’aumento della temperatura colla profondità non ci autorizza quindi ad alcuna induzione plausibile sullo stato fisico in cui si trova il materiale terrestre alle profondità maggiori.
I vulcani: stato solido e stato liquido.
Ma, si dice, le lave dei vulcani sono documento di una fluidità attuale, già a profondità non molto grandi. La portata di questo argomento di fatto non si potrà comprendere ne’ suoi giusti limiti, finchè non sia ben definita la natura fisica e chimica delle lave. Solo in questi ultimi anni si è incominciato a gettare qualche barlume di luce in questo oscuro e complicatissimo problema della Chimica fisica.
Anzitutto si è constatato che non esiste una differenza essenziale fra le lave e tutte le altre rocce che, come le lave, sono costituite da silicati. Queste formano per così dire lo scheletro di tutto l’edificio di rocce sedimentari, che gli oceani, vaganti entro limiti variabilissimi nei diversi periodi geologici, hanno costrutto, a loro spese, sopra di esse; queste rappresentano quindi, se non il primo prodotto di consolidamento della superficie terrestre, una formazione pregeologica, probabilmente il prodotto di eruzioni vulcaniche estesissime verificatesi in quel primo periodo di consolidamento, sotto la pressione di un’atmosfera assai più pesante e calda dell’attuale. Stübel considera questa formazione pregeologica di rocce silicatiche (graniti, diabasi, gabbri ecc.) come una corazza che la Terra, ancor debole e in gran parte fluida, si sarebbe costrutta a propria difesa. Ma non solo chimicamente si afferma una parentela fra le lave vulcaniche e queste rocce, che dirò primitive. Queste infatti non sono rimaste inoperose dopo la loro formazione, ma hanno preso parte a tutte le successive evoluzioni della crosta superficiale della Terra; una parte talvolta passiva, limitandosi esse ad assecondare e seguire i corrugamenti che la crosta stessa ha subìto, talvolta però anche attiva, in quanto si risvegliò in esse una forza latente di espansione che le spinse attraverso gli strati sovrincombenti,