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legge fondamentale di Newton, ma lasciandone intatta la forma, Laplace fornì una teoria matematica della Capillarità, Biot si occupò di questioni ottiche e il Maxwell dei gas.

Ben presto però si riconobbe (e già il Fourier si era tenuto in disparte, con la sua teoria del calore, da una tale interpretazione di tutta la natura fisica) l’insufficienza dell’ipotesi delle forze centrali, o almeno la grave difficoltà che s’incontra a svolgerla nei suoi particolari; e allora, poichè essa aveva avuto sopratutto il merito di porre in luce alcuni principi generali che da essa discendono come conseguenze, i fisici vennero tratti a lasciar cadere l’ipotesi iniziale assumendo addirittura come postulati, e non più come teoremi, i principi suddetti.

Si è passati per tal modo alla fisica dei principi, nella quale si pongono a base della trattazione sistematica dei fenomeni naturali:

1° il principio di Carnot, o principio della degradazione dell’energia;
2° il principio di Newton, o principio dell’uguaglianza dell’azione e reazione;
3° il principio di relatività;
4° il principio di Mayer o della conservazione dell’energia;
5° il principio di Lavoisier o della conservazione della massa;
6° il principio di azione minima.

Ma neppure questa fase di sviluppo della Fisica teorica può essere tenuta come definitiva.

Anzi il Poincaré fa rilevare come la critica recente investa più d’uno di questi prìncipi e lasci presagire prossima una nuova crisi, cioè una profonda trasformazione delle ipotesi, mediante le quali la somma delle esperienze viene ordinata agli effetti della previsione concreta, che è lo scopo di ogni teoria scientifica.

Ora attraverso il bel quadro tracciato dal nostro A. ci sembra importante di mettere in luce una conseguenza importante, d’ordine logico, cioè che la deduzione appare nello sviluppo della scienza non soltanto come mezzo di verifica delle premesse supposte, ma anche come un mezzo di trasformazione di queste, cioè come un momento di quel processo induttivo che ci spinge ognora verso ipotesi più generali.

Ma non sempre la fusione dello scienziato e del filosofo è, nel Poincaré, tanto compiuta e felice, e (almeno per quanto sembra resultare da ciò che vien detto a proposito delle Geometrie non euclidee) si direbbe che ciò avvenga quasi per un intimo contrasto nella coscienza dello scrittore, per il quale il geometra, trascinato dall’entusiasmo e dalla devozione quasi amorosa per la disciplina

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