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qualche frase del suo primo volume aveva, forse non del tutto a torto, creduto di trovare appunto una conferma.

Del resto non è difficile spiegarsi come questo equivoco abbia potuto sorgere e non è improbabile, che ad altre inesatte interpretazioni del pensiero del Poincaré si debba assistere. Gli studi, ora raccolti in due volumi, furono prima pubblicati in articoli e conferenze staccate e non possono apparire come l’espressione di una veduta organica intorno ai problemi più urgenti della filosofia scientifica, se non a chi sappia trovare i loro nessi, più o meno nascosti, in un fondo di cultura fisico-matematica assai estesa, e sappia trovare in conoscenze tecniche precise e profonde le correzioni necessarie a certe affermazioni del Poincaré, che talvolta sono state, forse, più recise e più taglienti di quel che non sarebbero riuscite, se lo scrittore, invece di trovarsi costretto ad adoperare un linguaggio alla portata di un largo numero di lettori avesse potuto esprimersi sempre nel modo più rigoroso.

Notisi però che, quando si astragga da questo, uno dei meriti maggiori dei due libri in discorso sta appunto nella loro forma artisticamente viva, disinvolta e nervosa, e, se pure essi, come opera di critica, hanno provocato e provocheranno dei malintesi, saranno d’altra parte d’una mirabile efficacia suggestiva per le menti ancora asservite a pregiudizi e convenzionalismi.

I capitoli migliori sono, senza alcun dubbio, quelli in cui nel Poincaré lo scienziato prevale sul filosofo, o, almeno, i due si fondono in un’unica ed armonica personalità intellettuale. Così, ad esempio, l’inattendibilità della teoria Kantiana, per la quale lo spazio e il tempo si riguardano come intuizioni pure a priori rispetto alle sensazioni ed all’esperienza, è pienamente dimostrata dalle molte pagine rivolte a chiarire la genesi psicologica del continuo e dello spazio, dove si distingue lo spazio fisico geometrico, con le sue proprietà di omogeneità e di isotropia, dai vari spazi fisiologici (visivi, tattili, muscolari), che danno luogo al primo mediante successivi processi di associazione e astrazione; e la Storia della Meccanica, intesa in senso lato, è ricostruita con sintesi geniale e perspicua, mediante la distinzione di ciò che il Poincaré chiama «la fisica delle forze centrali» da ciò che egli chiama «la fisica dei principi».

La fisica matematica, nato e cresciuta con meravigliosa rapidità sotto l’influsso della meccanica celeste, fu indotta, assai naturalmente, a trasportare nell’intero campo della realtà fisica l’ipotesi delle forze centrali, che tanto utili servigi aveva prestato nell’astronomia, organizzando in modo coerente mediante la legge newtoniana di gravitazione universale, tutti i movimenti dei corpi celesti. Così, modificando opportunamente, a seconda del caso, la