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il passo 945


— Allora... vieni. Te le consegno.

E insieme salirono la nota scala, andarono fino sull’uscio della camere nuziale. Gilio voleva seguirle. Ella disse:

— Aspetta.

Entrò sola e poco dopo ricomparve colle due piccine involte in panni caldi, gliene accomodò una per braccio. E siccome la maggiore si metteva a piangere:

— Quieta, Assuntina — mormorò — è il babbo che vi vuole bene, tanto bene. Il corredino te lo manderò fra due giorni — soggiunse ella — ti farò avere tutto quello che è tuo, Gilio... soltanto l’anello nuziale no, quello no. Ne ricaverò una crocetta e Iddio mi perdonerà se la porto ...

Una forza quasi sovrumana la reggeva nel momento supremo della separazione. Ma quella calma mortale non poteva durare a lungo.

— Ora va, devi andare — diss’ella con un ultimo sforzo al giovane che le stava dinanzi immobile, inebetito — che il Signore vi accompagni sempre!

Gilio si strinse al cuore i due fagottini viventi e mentre ella alzava la mano con un atto inconscio di benedizione scese le scale, senza rispondere. Un tonfo s’udì. Forse Giovanna era caduta sul pavimento. Egli non osò tornare indietro. Sulla porta trovo il curato che lo aspettava, gli additò le scale con un cenno della testa e uscì nella piazza. Calava il crepuscolo e cominciava a nevicare a grossi fiocchi.

*

*  *

Il giorno seguente Maurizio Lella tornò in casa riprendendo possesso dei suoi diritti. Un profondo silenzio regnò alcun tempo sulla piccola dimora ov’era rientrata la miseria colla sventura. Pareva che tutto vi fosse morto. Ma una sera, sul tardi, la gente che passava udì un grido, poi dei gemiti repressi. Il Ciuffo, alticcio e furioso, batteva la moglie in un accesso di gelosia.

Jacopo Turco.