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il passo | 939 |
del balcone, rischiarava appena, sulla parete bianca, il sorriso
d’una pia Madonna circondata di rami d’ulivo. Dormivano in una
stanzetta attigua i figlioli di Maurizio, nella culla accanto ai genitori
le piccole bambine di Gilio.
La luna varcava lo spazio sereno nel colmo della notte. L’orologio del campanile suonò le due. Quel momento, un uomo avvolto in un pastrano attraversò la piazzetta, e inoltratosi nell’orto bussò lievemente alla porta di casa. Nessuno rispose, e egli si mise a picchiare più forte.
Giovanna si destò per la prima, chiamando il marito.
— Gilio! Gilio! bussano alla porta! chi può essere a quest’ora? che qualcuno abbia male? un incendio forse? — disse ella tutta assonnata.
E i colpi raddoppiarono.
Giovanna s’alzò, si avvolse in fretta le spalle in una veste, aperse la finestra, affacciandosi, vide l’uomo nell’orto.
— Chi è?
— Son io! — rispose una voce nota.
— Come voi? io non so chi siate! — disse ella, trasalendo tutta dallo spavento della voce che non voleva riconoscere.
— Ah non ricordi più?... sono tuo marito! apri subito se non vuoi che sfondi la porta! — gridò l’uomo, alzando la testa.
Giovanna ravvisò con terrore, al chiaro di luna, la faccia torva, la folta barba nera.
— Gesummaria! — esclamò ella chiudendo in fretta i vetri — è l’anima di Maurizio che viene a rimproverarmi... gli ho pur fatto celebrare tante messe... di più non potevo... non potevo!
Gilio, sordo alle prime chiamate, s’era destato di soprassalto, balzando dal letto, credendo che si trattasse di qualche brutto sogno, ma i colpi si facevano sempre più furiosi. Egli accese il lume, staccò dalla parete un fucile che teneva sempre carico e s’affrettò a discendere. Giovanna, tutta tremante, lo seguì.
Gilio tirò il chiavistello, la porta s’aperse con impeto, Maurizio comparve nel vano. Giovanna; che s’era fatta dinanzi al corpo dell’Argenti per difenderlo, si sentì mancare le forze come se scorgesse un terribile fantasma. Gilio la raccolse fra le sue braccia e la depose dolcemente sulla scala, ma già il Ciuffo lo afferrava per la gola.
— Che fai tu qui, mascalzone, a quest’ora? — ruggì egli.