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936 il passo


Ella aveva molto pianto quella notte, e le pareva che l’aria sottile e imbalsamata e la vista dei monti la consolassero. Ma proprio quel momento echeggiarono i lugubri rintocchi d’una campana. Giovanna ebbe un sussulto e subito comprese. Suonavano a morto per Maurizio, per l’emigrato che non doveva più tornare, acciò tutti pregassero. Ella s’inginocchiò e si raccolse, implorando pace al suo compagno, al padre delle sue creature.

La campana tacque e un raggio di sole sfiorò la fronte della giovane, irradiandola. E a un tratto le parve che tutto il suo dolore si assopisse, che nella sua anima non fosse rimasto più nulla, fuorchè un silenzio profondo.

Sul davanzale della finestra fioriva la pianta di garofani gialli. Ella v’immerse la faccia ancor umida di pianto, ne aspirò a lungo l’acuta fragranza, le sembrò che quei freschi garofani l’accarezzassero, che tutta la pianta fosse per lei una tacita, soave carezza di primavera...

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La maestrina tradusse a Giovanna, non senza titubanza, la risposta pervenutale da Breslavia. Maurizio Lella era morto da buon cristiano, ma durante la breve malattia — un’acuta polmonite — non aveva mai parlato della sua famiglia, come se non ne possedesse. Giovanna sofferse acerbamente di quella notizia, poi si rassegnò, anzi ne fu contenta. Ella aveva perdonato, ma ogni rapporto con suo marito era rotto, perchè al distacco terribile della morte era successa anche la separazione delle anime, assoluta, eterna.

Ma intanto la lotta con la miseria si faceva ancor più grave e Giovanna paventava più d’ogni cosa il pericolo umiliante di dover ricorrere alla carità pubblica e raddoppiava d’attività e di energia per schivarlo.

I prodotti dell’alpe le fornivano come sempre un mezzo di guadagno, ma la loro raccolta non era disgiunta da grandi fatiche e la vendita incontrava ardui ostacoli.

In pomeriggio d’estate ella aveva percorso parte della montagna in cerca di certe piante d’angelica che il semplicista le