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que, o benigni lettori, accusarmi di debolezza o di codardia.

Non è un sentimento di riconoscenza verso l’uomo che nel 1859 mi ha fatto palpitare di entusiasmo col suo Proclama agli Italiani...

Dio me ne guardi! — un tal sentimento sarebbe imperdonabile...

Non è un residuo di ammirazione verso l’uomo di genio che resse per diciotto anni i destini di Europa, elevando la Francia evirata ed umiliata di Luigi Filippo al suo splendido posto di regina delle nazioni...

Una tale ammirazione sarebbe vigliacca.

Vi ho detto che sono figlio di un bonapartista — ecco il segreto delle mie simpatie...

Perdonatemi dunque — e compiangetemi.

Sì: compiangetemi! perchè dai possenti caduti c’è poco da sperare — e fortunati coloro che canteranno l’apoteosi del Re di Prussia!

Badate bene, signori autori drammatici! Se le vostre produzioni vi hanno acquistato una bella fama — badate bene!

Al vostro primo fiasco; amici, parenti, giornalisti, colleghi vi volgeranno le spalle...