La nuova si sapeva dappertutto,
Ma io la vidi sol nell’È Permesso,1
36L’unico foglio serio e di costrutto.
Appena letto, allon! mi sono messo
Le braghe dalla festa e il gabbanino
39E son corso da lei come un espresso;
Ma siccome era chiusa in camerino
A far dei versi al suo futuro sposo,
42Fui ricevuto dal signor Pierino2.
Che largo, liberale e generoso,
Mi offerse cordialmente da sedere,
45Ma il caffè no, perchè gli dà il nervoso.
«Ohi, chi vedo!» — «Tersuà» — «Bravo! ho piacere!
Cosa porti? L’agnello?» — «Nossignori» —
48«Peccato, che t’avrei dato da bere!» —
Così ciarlando, ecco l’Argia vien fuori,
La qual, come saprai, ci diedi il latte,
51(Ossia mia moglie) e latte dei migliori.
Era in disabigliè, con le ciabatte,
Una sottana bianca e un zuavino
54Che ci arrivava appena alle culatte.
- ↑ L’effemeride in cui videro la luce molte di queste rime.
- ↑ L’onorando Signor Pietro Sbolenfi, degno genitore dell’autrice, cui è dedicato il volume.