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prefazione XXIII

tibilità dell’assetto sociale, fanno un passo innanzi, e socialistoidi oggi, saranno socialisti domani.

E dell’esser andata piuttosto con chi va avanti che con chi retrocede, volevo tener buon conto all’autrice di queste rime; di quelle, dico, che chiudono il volume. Tuttavia, siccome questo sarebbe un giudizio di opinione e non di letteratura, me ne astengo. Ma ho voluto dir tutto questo anche per notare un altro difetto del libro; quello cioè di esser formato, nella sua parte men pessima, di rime di occasione, le quali, come è naturale, colla occasione sfioriscono. Molti fatti e molte allusioni domani non saranno più ricordati; alcuni anzi, anche oggi, sono quasi fuori della nostra memoria. È per ciò che questo libercolo, secondo me, è nato morto, e gli sta bene! Già era meglio che non nascesse.

Ma quel che sopratutto mi piace nella poetessa, (come si chiama lei), è l’avere sdegnato i novissimi deliri simbolisti e decadenti, nei quali pure poteva cascare, tratta com’era dalla smania della stravaganza. Di questo, senza restrizione alcuna, la lodo.