Un tempo, e ben lo sai, morta di fame, 15Schiava del tuo stranier temprò la plebe
Ceppi a se stessa su la propria incude:
Pe’ sacerdoti tuoi le turbe grame
Reser feconde le sudate glebe
E sul solco natio caddero ignude 20Ai campi della Chiesa util letame;
Ma un Dio consolatore
Da’ sacri templi a lor dicea: «Soffrite,
Turbe nate al dolore
E che felici nel dolor morite, 25Poi che v’aspetta in ciel di Dio il sorriso
E sol de’ tribolati è il paradiso».
Dolci tempi, o Signor, ma triste il giorno
In cui la libertà disse il suo nome
La prima volta nella rea Parigi, 30Poi che le turbe allor volsero intorno
Torbido l’occhio e scossero le some
Brandendo l’armi ad operar prodigi
Di che all’anime pie duro è il ritorno.
Germogli del mal seme 35Crebbe il tristo terren le idee novelle;
Compresso indarno, freme
Tra i nuovi ceppi il popolo ribelle,
E poi che in cor gli agonizzò la fede
Non più la libertà, ma il pan ci chiede.