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XIV | prefazione |
vetti mantenerla. Solo mi riserbai di dire schiettamente quel che ne penso, non perchè il disapprovare possa valermi di scusa, ma perchè lo sfogarsi dopo tutto è un sollievo.
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Se frugo nei più intimi ripostigli della mia coscienza, non ci trovo nulla che mi chiami all’onore degli altari. In quel quarto d’ora di notorietà cui, come tanti altri, soggiacqui, non fui precisamente lodato come continuatore delle virtù di San Luigi Gonzaga o come emulo di Giuseppe servo di Putifar. Tempi, ahimè, troppo lontani e che volentieri rivivrei; parole e versi che, potendo, ridirei senza rimorso e senza rossore; ma tempi, ahimè, troppo lontani!
Dico questo, non per balorda libidine di parlare de’ fatti miei, ma perchè si creda che, disapprovando senza restrizioni queste scelleraggini, scrivo per convinzione e non per affettazione. Allora ed oggi mi persuadeva e mi persuade la teoria della immacolatezza dell’arte, purchè sia arte e sia bella. Venere Anadiomene e Cristo Crocifisso sono rappresentati ignudi tutti e due