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XII prefazione

erotiche, c’era pericolo di cadere in una triviale pornografia.

E la signorina ci cadde malamente, lunga e distesa.

È ben vero, lo ripeto, che il tipo non si poteva intendere senza l’erotismo; ma c’è modo e modo. È ben vero che i lettori di un giornale quasi in dialetto non avrebbero inteso bene una Nuova Eloisa e che per ottenere l’effetto occorreva sal grosso di cucina, non aromi delicati; ma resta, tuttavia, che nulla giustifica il turpiloquio mal velato sotto gli equivoci grossolani, la scatologia suina che non si vergogna della sua loia. Ci fu chi torse il naso, ma purtroppo, il pubblico in generale applaudì!

Così l’Argia si mise in piazza, prima, come ho detto, con certe lettere ridicolose che rifacevano l’ortografia e lo stile paterno, poi a poco a poco, con certe poesie non meno ridicole di cui son saggio le prime di questo sbagliato volume.

Unico merito, se pure è tale, è un progressivo levarsi e correggersi, come di chi avvistosi dell’errore, cerca di spacciarsi dal brago. Ma ciò non scusa in modo alcuno