E il mar, che d’acque gravido
Sormonta i gioghi Atlantici,
E il buon Noè, che impavido
Spreme dal seno i cantici.
Me volle pur di lucida
Onda Castalia aspergere,
Nè temerò la sucida,
Che mi volea sommergere.
Talora sparse a l’etera
Un suon più basso e facile
Cangiando l’aurea cetera
Ne la sampogna gracile.
Per lui tra sassi frangere
S’ udiro i fonti ceruli:
Per lui s’udiron piangere
Gli usignuoletti queruli.
A’ carmi suoi restarono
I pastorelli attoniti:
A’ carmi suoi stillarono
Mele perfin gli aconiti.