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Recandosi alla Villa un illustre Amico dell’Autore.


Signor, vanne felice, e da la ingrata
     Cura d’interpretar le ambigue Leggi
     Respira al fine in sen d’una beata
     Placida villa fra pastori e greggi.

Ma venga teco quella cetra aurata,
     Per cui nel canto il Venosin pareggi:
     Fie leggiadra materia e a i carmi grata
     Un fior che olezzi, un’erba che verdeggi.

Col sorger tuo le mattutine squille
     Previeni spesso, e l’alito vivace
     Bevi de le nascenti aure tranquille.

Io resto in Adria, come a i fati piace,
     Esule, ohimè, da le paterne ville 1
     A pianger la mia sorte, e a chieder pace.

  1. Si allude ad alcune domestiche vicende dell’Autore, per le quali egli soggiornava allora in Venezia.