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Sonetto scritto da Venezia al Cavaliere
Ippolito Pindemonte in Villa.


Tremola acquetta e verdeggianti zolle,
     Sparse di qualche fior bianco e turchino,
     Son gratissima invidia al Cittadino,
     Or che il Nemeo leon s’infuria e bolle.

Oh d’un platano fresco a l’ombra molle
     Seder teco potessi in sul mattino,
     E teco a un zeffiretto vespertino
     Placidamente errar di colle in colle!

Tutte mi scorreria le fibre e i nervi
     Quel tuo canto, o Signor, che al vivo esprime1
     Pastorelle ed agnei, boschetti e cervi.

O cari faggi, o dilettose cime,
     Chi mi trattien? Quanto amerei vedervi
     Nell’atto d’ispirar sì dolci rime!

  1. Si allude alle singolari e veramente inimitabili Poesie campestri del Cav. Pindemonte, ch’egli andava componendo in quella sua deliziosa Villetta.