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anacreontica xvi.


O Platano felice,
     Ch’io stesso un dì piantai,
     Bello fra quanti mai
     Levano il capo al ciel;

Come sì presto, dimmi,
     Le folte braccia hai stese,
     Nè l’ira mai ti offese
     Di turbine crudel?

Quel nome, che t’impressi
     Ne la corteccia verde,
     Lungi da te disperde
     Il nembo struggitor.

Anch’io lo porto in seno
     Scritto per man d’Amore;
     Ma sento nel mio core
     Fremere il nembo ognor.