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te Voi sapete che io non ebbi mai l’umore di esser poeta; e se qualche volta scappai a far de’ versi, gli feci per obbedienza, o per cerimonia soltanto. Quindi è che i miei Sonetti (pressochè tutti) parlan di Monache, di Matrimonii, di Parrochi: argomenti per lo più sterili e secchi, che rare volte il genio assume con allegra spontaneità, e moltissime volte il dovere comanda per forza. Non vi aspettate dunque che tenuissime cose, e massime da uno stile umile e dimesso, siccome è il mio. Tra i versi, che si stamparono nella prima edizione, Voi farete a meno di ristampar quelli, che ho marcati in essa con una linea. Non son io padrone di licenziar dalla casa mia il domestico, che troppo non mi si affà? E giacchè vanno attorno con mio dispiacere anche parecchie brevissime Canzoncine, che io feci in gioventù, travestite e messe per capriccio in aria di amore, ma che nacquero scherzevolmente nel seno della più candida e più tranquilla amicizia, lascerò che ne ristampia-